Absorbing Modernity:1914-2014 costituiva la traccia suggerita da Rem Koolhaas per guidare le esposizioni dei singoli padiglioni nella quattordicesima Mostra Internazionale di Architettura (Venezia 7 giugno 23 novembre 2014): una strategia per saggiare «l’evoluzione delle architetture nazionali negli ultimi 100 anni». L’ipotesi, lo scenario di fondo, che l’evento-ricerca doveva in qualche modo validare, si fondava sulla constatazione della complessità della condizione postmoderna, oltre le descrizioni semplificate cui sovente è ridotta. Viceversa la preoccupazione del curatore stava nel salvaguardare il carattere contraddittorio del presente dove, a fronte di processi sempre più estesi e radicali di omogeneizzazione e assimilazione, ancora sono riconoscibili culture materiali e spirituali eccentriche, disallineate, singolari. Per un verso dunque se «nel 1914 aveva senso parlare di architettura 'cinese', architettura 'svizzera', architettura ‘indiana’, cent'anni dopo, sotto la pressione di guerre, regimi politici diversi, molteplici condizioni di sviluppo, movimenti architettonici nazionali e internazionali, talenti individuali, amicizie, traiettorie personali casuali e sviluppi tecnologici, le architetture che un tempo erano specifiche e locali sono diventate intercambiabili e globali. Sembra che l'identità nazionale sia stata sacrificata sull'altare della modernità». E tuttavia «allo stesso tempo, [si svelerà] all'interno della globalizzazione la sopravvivenza di caratteristiche e mentalità nazionali uniche che continuano ad esistere e fiorire all'interno delle culture individuali, anche con l'intensificarsi della collaborazione e dello scambio internazionali».
Avendo per mira questo assetto critico, abbiamo realizzato - all’interno del laboratorio - una collezione di exempla riferibili al nostro paese, primo passo di un lavoro ancora aperto a necessarie integrazioni. L’Italia, infatti, è caso studio esemplare rispetto al diagramma ermeneutico sopra accennato. Con le parole di Franco Purini: «la modernità reinventata dell’architettura italiana, che si fonda sostanzialmente sul rifiuto della tabula rasa decretata dalle avanguardie nei confronti del passato - cosa che costituisce una correzione decisiva del principio sul quale riposa la stessa modernità - ha come elementi principali un dialogo serrato con le preesistenze, la scelta per una dimensione media, un disegno armonico, frutto di una tradizione secolare, che si fa naturalmente forma.» Attraverso l’opera di alcuni maestri si è riusciti forse a mettere in risalto una specifica via italiana nella ricerca teorica ed espressiva della disciplina, al cui interno è evidente il ruolo del tempo come fondo, risorsa mitopoietica. Un teatro fatto di historiae e di attese. La trasformazione fisica e manifesta dei siti è azione che si accompagna ad una parallela manipolazione, immateriale e latente, dei tempi. L’architettura è generata dai bisogni e dalle condizioni del presente ma riesce nel suo fine attraverso un passo doppio: il ri-montaggio di saperi ed esperienze passate e la prefigurazione di scenari e possibilità future, secondo una trama complessa tessuta di rammemorazioni e protensioni, giudizi e speranze. Un movimento oscillatorio nel cui dominio le molteplici significazioni del progetto e le sue ragioni più meditate acquistano la loro fisionomia riconoscibile. Alcuni nodi concettuali: la rovina e la costruzione; la persistenza e la metamorfosi del tipo; il corpo resistente dell’architettura; il progetto di architettura come crisi e riforma dell’esistente.
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Absorbing ModernityChiesa di Santa VerdianaPiazza Ghiberti 27, Firenze dal 12 Maggio
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Ultimo aggiornamento
18.05.2021